Benvenuti a casa ha la sua origine all’interno di un archivio familiare, un percorso a ritroso tra memorie individuali e memorie storiche collettive.
Lo stesso disordine dell’archivio invita a una ricerca senza tregua di un senso, fino a far conoscenza e a volte comprendere dinamiche e tratti personali rimasti nascosti.
Nella ricerca curiosa tra queste immagini, un ritaglio di giornale dell’ 11 settembre entra nel processo per risignificare la percezione di quelle idilliache immagini familiari.
Questo processo segue le dinamiche dell’“autoconstrucción” proposte dall’artista Abraham Cruzvillegas. Si tratta di una metodologia che permette di prendere le distanze emotive dalla sfera personale e, attraverso delle azioni concrete agite sul materiale di archivio, si induce l’emergere di significati inconsci.­
Qui ha inizio una conversazione tra il personale e la tragedia, un dialogo serrato attraverso il quale i possibili significati esplodono e si amplificano a vicenda.
Si scardina l’idea di archivio familiare come simulacro di culla protettiva e spazio salvo. La memoria domestica entra in collisione con l’evento storico che ha rivoluzionato il modo di percepire le certezze e le immagini del mondo contemporaneo.
Tra le macerie delle nostre sicurezze diventiamo dunque spettatori della contrapposizione tra autocostruzione e distruzione, in un dialogo potenzialmente infinito.
La casa diventa di tutti, binari non più paralleli si scontrano in un processo di opaca demolizione/ricostruzione.
Quel che resta è una percezione inquieta e frammentaria emersa dal passato nella proposta di nuovi destini possibili.

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